La montagna prealpina e dolomitica veneta (e non solo) è interessata da fenomeni di abbandono, soprattutto di superfici prative o, talvolta, da utilizzazioni troppo intensive. In entrambi i casi si riduce la biodiversità e si peggiora il paesaggio. L'importanza di falciare i prati, che è scientificamente appurata, si scontra con la crisi della filiera del fieno (fondamentale fino agli anni '70 del secolo scorso), da quel periodo per aumentare la produzione di latte gli allevamenti ricorrono a mangimi, insilati, soia e altri prodotti industriali.
Ma, almeno per motivi paesaggistici e naturalistici, merita che si mantengano, ove possibile i prati falciati. I prati pingui (ideale una concimazione con letame maturo, oggi sempre meno facile da trovare) richiedono 2-3 falciature annue e la prima, la più cospicua come biomassa, si effettua, secondo quota, esposizione e andamento stagionale, da metà maggio a giugno.
In assenza di falciatura (meglio a mano o con falciatrici leggere ove possibile), entrerebbero specie legnose che danneggerebbero anche le coltivazioni orticole.
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