L'andamento demografico della montagna europea e delle Alpi in particolare è di enorme crescita; una crescita antropica che si sviluppa enormemente nei fondovalle ma che porta all'inevitabile spopolamento di altrettanto ampie parti di territorio montano.
Questo "sviluppo" a "macchia di leopardo" ha un effetto molto evidente nelle trasformazioni del paesaggio antropizzato: ampie valli sempre più edificate e simili alle città di pianura, e vaste zone dove il tradizionale paesaggio lascia spazio all'abbandono portando alla perdita di qualsiasi segno della cultura alpina dei secoli passati.
Se questo sia effetto o causa delle trasformazioni sociali in atto sulle popolazioni alpine è difficile da chiarirsi, quello che appare evidente è che la cultura globalizzante e omogeneizzante della pianura sta distruggendo, forse per sempre, quel serbatoio di varietà culturale rappresentato dalle popolazioni alpine.
La varietà delle culture e delle lingue ad esse correlate sono espressione dell'adattamento dell'uomo alle diverse condizioni ambientali e quindi espressione dell'evoluzione della specie umana.
L'uomo, unica specie capace di trasformare e adattare l'ambiente che lo circonda a proprio uso e consumo, non ha più necessità di proporre diverse risposte culturali anzi le riduce affrontando un'unica e sola strada per il proprio futuro, seguendo un'unica direzione senza lasciarsi aperte alternative, un'unica direzione che chiama "sviluppo".
Ora, questo "sviluppo" comincia a far intravedere i propri limiti, non è compatibile con l'ambiente che l'uomo con tanto affanno si ostina a modificare.
Altra strada non è data… purché l'uomo non si ricordi di quelle porte chiuse, e con orgoglio, con l'orgoglio della propria identità culturale passata, non cerchi di ritrovare la chiave che ne riapra le serrature.
Per riprendere il cammino sulla strada dell'evoluzione.
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